Giorgio ha tre anni, frequenta volentieri il gruppo di musica d’insieme.
È legato al suo coetaneo Carlo. Insieme reggono le mie proposte per i primi dieci minuti di attività, poi si dedicano ai loro giochi rumorosi, come fossero due cuccioli, rendendo molto difficile il lavoro al resto del gruppo. Giorgio tende a mettersi in simmetria con l’adulto, ne rifiuta l’autorità, vuole condurre al posto suo. Quanto più è strutturata la mia proposta, tanto più la sua posizione si accentua. Nei confronti dei compagni tende ad imporsi, spesso con la forza fisica, negando i propri comportamenti scorretti e disonesti.
Decido, quindi, di avvicinare l’attività al piano musicoterapico: metto a disposizione gli strumenti musicali, che i bambini scelgono e utilizzano liberamente. Le dinamiche relazionali cambiano immediatamente: Giorgio e Carlo si allontanano, dedicandosi ognuno ad altri giochi, strumenti e relazioni. La relazione tra Giorgio e me si alleggerisce.
Oggi, Giorgio desidera proprio il bellissimo tamburello a cembali, che Federico ha scelto prima di lui: è lo strumento più grande di tutti. Accade, però, una cosa diversa dal solito. Giorgio si avvicina a me sul punto di piangere, ferito per essere stato superato: non ha picchiato Federico, non ha tentato di sottrargli il tamburo con la forza, non gli ha gridato “Sei cattivo!”.
Oggi, Giorgio cerca la mia vicinanza, in una relazione più libera dalle tensioni dei ruoli, per sopportare la frustrazione, per permettersi di vivere un’emozione difficile, per ricollocarsi nella complessità relazionale del gruppo.
“Giorgio scegli un altro strumento”
“Ma io voglio quello”
“…”
“Ti va di prendere il mio?”
“Va bene”
E prosegue il suo gioco musicale stando a lungo in compagnia di un piccolo metallofono colorato.
L’episodio descritto si è svolto durante l’atelier di musica al Centro Infanzia “I colori della Musica” di Chievo, Verona.